“GLI EBREI IN PADOVA” DI ANTONIO CISCATO

 

Antonio Ciscato “Gli Ebrei in Padova (1300-1800)”. Premessa di Davide Romanin Jacur, introduzione di Mario G. Jona, appendice alla ristampa di Adolfo A. Locci. Sala Bolognese (BO), Arnaldo Forni Editore, 2004. Ristampa anastatica.

 

Pubblicata su “News Regione”, newsletter del Consigliere Regionale veneto Iles Braghetto, n. 22 del 16-30 settembre 2004.

 

Antonio Ciscato non era ebreo, ma la ristampa anastatica di questa sua opera è statapromossa dalla Comunità Israelitica di Padova. A voler leggere in chiave simbolica questa circostanza, per la quale un popolo fa raccontare la propria storia a chi non fa parte di esso, vi si può vedere quanto meno il riferimento ad un processo di integrazione che, se nei secoli è avvenuto con difficoltà, questa difficoltà non è certo provenuta dagli Ebrei.

Un altro simbolo traspare dalle pagine del libro. Nonostante sia stato finito di stampare a luglio 2004, i tre contributi di Romanin Jacur, Jona e Locci recano tutti la data del 5 settembre. Si tratta della Giornata Europea della Cultura Ebraica, e questa data è stata scelta anche per presentare al pubblico il testo.

Se ci è consentito continuare su questo terreno dei simboli, vorremmo interpretare in questa chiave anche il periodo scelto dal Ciscato per narrare la sua storia. La storia del Ciscato inizia nel 1289, anno al quale risale la più antica notizia della presenza in questa città di una famiglia ebrea, e termina nel 1798, nonostante il testo sia stato dato alle stampe oltre un secolo dopo. Lo studioso fa dunque coincidere la gran parte del proprio racconto con i due lunghi periodi di dominazione carrarese e poi veneziana a Padova, due periodi nei quali gli Ebrei padovani vissero in maniera particolarmente integrata nella città, nonostante l’istituzione del Ghetto, richiesta più volte dal Consiglio cittadino ma più volte inascoltata dalla Serenissima.

Cinque secoli, dunque, che il Ciscato ci sembra prenda a “simbolo” di una particolare situazione di integrazione. Con la caduta della Serenissima, questa lunga parentesi si interrompe però bruscamente. Se infatti è vero che con l’arrivo dei Francesi le porte del Ghetto vengono immediatamente abbattute, è anche vero che questa gioia dura poco: col Trattato di Campoformido ai Francesi si sostituiscono gli Austriaci, e gli Ebrei, “dovettero far buon viso a cattiva sorte … dimostrando il proprio ossequio all’Imperatore”. Ma non è della “cattiva sorte” che vuol parlare il Ciscato, piuttosto studiare “con amore”, parola che si legge nella sua introduzione, i documenti che si riferiscono a questo popolo.

Il libro esce in concomitanza ad un’altra importante circostanza. La Regione del Veneto, in sede di approvazione del Bilancio 2004 e nell’ambito degli interventi di conservazione e tutela del patrimonio storico, artistico e monumentale del suo territorio, ha concesso alla Comunità ebraica di Padova un contributo, finalizzato al restauro dei cinque cimiteri ebraici padovani e dei due cimiteri ebraici di Rovigo, anche questi gestiti dalla Comunità padovana. I cimiteri ebraici sono preziose testimonianze di tutta la nostra cultura, non solo della cultura ebraica. Il cimitero di Via Domenico Campagnola custodisce le spoglie di Meir Isaac Katzenellenbogen, uno dei più grandi e colti rabbini italiani del suo tempo (XVI sec.) Il Ciscato conosce bene l’importanza dei cimiteri ebraici, descrivendoli con una dovizia che non ci sembra egli riservi alle altre testimonianze architettoniche dell’ebraismo a Padova.