A proposito dell’abbattimento dei 4 alberi di Via Volturno a Padova

 

La vicenda è solo la punta di un iceberg: ormai la giunta è sfatta ed abdica al proprio potere di rappresentanza

 

Padova, Vai Volturno, alberi abbattutiPadova, 25 gennaio 2024

Quando un sindaco (Sergio Giordani) o degli assessori si rifiutano di ricevere i propri concittadini, preferendo mandare loro le forze dell’ordine, c’è molto su cui riflettere.

Le forze dell’ordine, infatti, avvezze ad avere a che fare con la peggior feccia, si sono trovate davanti i migliori rappresentanti del ceto medio del quartiere Palestro: liberi professionisti, impiegati e altri cittadini desiderosi di impedire lo scempio del taglio dei 4 alberi di Via Volturno. Nell’imbarazzo di cui sono stati preda, gli agenti si sono limitati a filmare i presenti, presumibilmente soltanto per notificare al signor sindaco la loro avvenuta presenza.

Si potrà dire che quattro alberi, sia pur secolari, in cambio di un parco siano uno scambio vantaggioso per la città… Peccato che del parco di Via Orsini e dell’ex Prandina non si sia mai visto nulla, mentre le motoseghe in Via Volturno (dopo quelle dei 12 alberi alla Prandina) si siano viste e sentite molto bene.

La vicenda dei quattro alberi non è un fatto isolato, ma la cartina tornasole di una giunta che col territorio non ha più nessun rapporto né lo cerca. Si prenda per esempio Piazza Insurrezione: di riqualificarla non se ne parla proprio visto che i suoi 118 posti auto fruttano all’amministrazione oltre 1,5 milioni di euro all’anno. La Piazza sarà anche squallida e degradata, ma quando si tratta di schei, pecunia non olet. E poco importa se il panorama dei suoi portici sia deprimente coi suoi negozi vuoti e abbandonati, se le migliori griffe nazionali se ne siano andate dalla città o se ne andranno a breve, e se Padova non abbia alcun albergo a 5 stelle perché non è più in grado di richiamare un pubblico di turisti a 5 stelle.

I schei ze schei: meglio pochi, maledetti e subito, invece che frutto di una politica di rilancio urbano.

Esemplare anche il caso della ZIP, Zona Industriale di Padova, lasciata a se stessa salvo progetti vari e dichiarazioni annesse. A nulla è servito l’appello per nominare un assessore alla Zip, visto che si tratta di un’area di estensione quasi pari a quella del centro storico. Non se ne vuol neppure sentir parlare.

Altrettanto indicativa la questione del fotovoltaico al Campo di Marte: anche se non si dice è risaputo che i pannelli fotovoltaici convertano in elettricità soltanto il 20-25% dell’energia solare; il resto lo convertono in calore, costituendo un’ulteriore “isola di calore” in piena città, alla faccia di un quartiere già scarso in termini di verde pubblico, del cambiamento climatico, del benessere dei cittadini circostanti i pannelli, del vertiginoso crollo dei prezzi delle relative case, degli alberi anch’essi premurosamente già abbattuti. Invece che ascoltare le ragioni dei cittadini e presentare un ricorso al TAR (Tribunale Amministrativo Regionale), la giunta delega ai cittadini il compito di gestire la situazione e i rapporti con la proprietà dell’area.

Tutto questo è soltanto una parte di un fenomeno molto più ampio e tutto padovano che si chiama abdicazione del potere di rappresentanza: le forze dell’ordine al posto del confronto, gli schei di un parcheggio al posto della riqualificazione di una piazza, un’area enorme lasciata a se stessa invece che alla gestione di un assessore. E si potrebbe continuare.

Ecco perché quando un sindaco si rifiuta di ricevere i propri concittadini preferendo mandare loro le forze dell’ordine, c’è molto su cui riflettere. Molto.

Pietro Casetta