Emanuela Cananzi, organizzatrice del Festival del Viaggiatore con la sorella Giulia, si narra: “Un festival trasversale con una veste informale”

 

FESTIVAL DEL VIAGGIATORE 2021 INTERVISTA A EMANUELA CANANZI

“FUORI” IL TEMA DI QUESTA EDIZIONE

 

I luoghi: soprattutto quelli interclusi come la casa di Eleonora Duse e la Torricella del poeta Browning. Gli sponsor: come Segafredo Zanetti sono mecenati, non sponsor. Il pubblico: niente cattedre, tutti si è viaggiatori, chi parla, chi ascolta. Gli ospiti: non quelli delle grandi case editrici, ma quelli segnalati dalle librerie indipendenti”

 

 

Come mai così tanti sponsor, per altro soprattutto aziende, e in un momento di particolare crisi, per un evento dallo schietto carattere culturale?

Segafredo Zanetti - Un libro un filmPiù che di sponsor parlerei di mecenati, cioè di persone sensibili al rapporto fra cultura e azienda, che capiscono quanto l’evento culturale che racconta un territorio sia un traino per l’attività aziendale perché identificativo del territorio nel quale si è fatto fortuna. Nel nostro caso il “mecenate” principale sia del Festival sia del Premio letterario è Segafredo Zanetti, cui è intitolato il Premio “Un libro un film” dedicato alla narrativa per il cinema. È grazie soprattutto al settore privato che riusciamo a dar vita a questo evento, anche se devo dire che da due anni c’è un’attenzione maggiore da parte del settore pubblico. Quest’anno, inoltre sono presenti più Comuni.

Siamo quindi grati a tutti: comprendiamo perfettamente le difficoltà di questo momento e ogni sforzo è apprezzato. Aggiungo che non percepisco un distacco nella relazione fra sponsor ed evento culturale, il fatto è che i tempi sono difficili.

Quali vantaggi traggono i luoghi del Festival dalla presenza del Festival?

Il Festival del Viaggiatore è un evento culturale, turistico, e di promozione del territorio. Nasce come racconto del territorio inteso come uno spazio dai confini meno asfittici rispetto a quelli del Comune o della Provincia, quindi con una dimensione culturale. Questo perché il territorio esprime paesaggio, arte, enogastronomia, capacità imprenditoriale. Il Festival “abita” i luoghi, non è un evento calato dall’alto, e credo quindi che proprio per questo il territorio possa soltanto trarre vantaggio dalla presenza del Festival.

Come vengono scelti i personaggi che invitate?

Non è facile. Da un lato non vogliamo che il Festival sia un evento dedicato ai soliti noti, dall’altro neppure un calderone dove dentro ci stia chiunque. Si tratta di un lavoro di cesello in cui la direzione artistica è molto importante.

Il Festival del Viaggiatore non è un festival di genere ma di racconti di viaggi ed esperienze in cui il viaggio è metafora della vita. Invitiamo quindi una pluralità di voci, di “viaggiatori” che provengono da più ambienti, perché sono i punti di vista differenti che a noi interessano intorno ad una determinata tematica che noi chiamiamo “direzione di viaggio”. L’idea è quella del caravanserraglio: niente cattedre, niente palcoscenici; tutti si è viaggiatori, chi parla, chi ascolta, chi si confronta. Diventa quindi un festival trasversale con una veste è informale: non solo scrittori, o giornalisti, o camminatori, o viaggiatori, o imprenditori.

Al Festival è associato il Premio Letterario Segafredo Zanetti “Un libro un film”. A quanto pare sono più i film ad avere bisogno dei libri ma non viceversa.

Non sono completamente d’accordo. Il cinema ha sempre guardato alla letteratura. Credo che fra cinema e letteratura l’interesse sia reciproco, perché un film ha la capacità di estrapolare quella scintilla dell’anima di un libro che nella forma letteraria può non emergere.

Ritengo quindi che quello fra cinema e letteratura sia uno scambio interessante, anche perché ogni anno vengono stampati molti più libri rispetto ai film che vengono prodotti. L’obiettivo del Premio, d’altra parte, è proprio quello di creare un filtro fra letteratura e cinema, ritenendo che questo filtro possa essere utili ad entrambi.

Asolo, Venezia, Possagno… Non è che il festival faccia piovere sul bagnato, puntando su luoghi conosciuti e valorizzati invece di valorizzare luoghi sconosciuti?

Anche in questo caso sono d’accordo solo in parte. È vero che siamo nati ad Asolo che è il borgo più conosciuto a livello internazionale, ma è anche vero che noi puntiamo ai luoghi sconosciuti o non frequentabili di Asolo perché privati, sempre tenendo presente che il territorio è soprattutto le persone che lo abitano.

Asolo - La TorricellaAd esempio, quando abbiamo aperto al pubblico la Torricella, che è una casa di proprietà privata progettata dal poeta Robert Browning all’interno delle mura del castello della Regina Cornaro, abbiamo assistito alla fila di asolani che la volevano visitare. La casa di Eleonora Duse, anch’essa privata, viene aperta soltanto una volta all’anno grazie al Festival. A Possagno non c’è solo la gipsoteca del Canova ma anche il territorio dell’asolano di cui il paese fa parte, e a Maser non c’è solo la Villa ma anche il Palazzo del Comune, la Biblioteca…

Si fa cultura quando reciprocamente ci si riconosce come vicini di casa fra ciò che è più noto e ciò che  non lo è o lo è meno. La vicinanza e la condivisione di un progetto aiuta a crescere e a rendere visibili entrambi.

I “non luoghi” sono luoghi privi di identità, come gli autogrill, i motel, gli ipermercati, le stazioni ferroviarie, le stanze d’ospedali. Andate “fuori” anche da questi o in qualche modo viaggiate anche in essi?

Non penso che i “non luoghi” siano privi di identità. Sono figlia di un ferroviere e trovo che la stazione ferroviaria sia uno dei luoghi poetici per eccellenza! Io, poi, nei “non luoghi” facevo teatro !

Confesso che pensare ad un percorso di “non luoghi” mi piacerebbe molto. Il progetto Festival non è un progetto cristallizzato, quindi possiamo pensare anche altre scelte. Mi piacerebbe realizzare un percorso del Festival attraverso questi spazi perché la sfida sarebbe tirarne fuori la poesia.

I luoghi dall’identità negata sono, invece, quelli che a causa di catastrofi non sono più riconoscibili: per esempio la Longarone del dopo Vajont, la L’Aquila del dopo terremoto. Anche questi sono “fuori”, ma da loro stessi. Cosa ne pensa?

Credo che queste lacerazioni portino a galla una dimensione dell’anima di questi luoghi, ovvero la più sofferente. È vero che qualcosa muore, qualcosa scompare per sempre, però qualcosa sicuramente emerge.

Sono squarci, sono ferite… Sono il fallimento di un territorio, che è come il fallimento di una persona. Faremo un Fuori dedicato al fallimento, ma inteso come qualcosa da superare, che apre ad altre possibilità, che permette di capire altro di sé.

È difficile leggere queste realtà, ed è molto importante rispettarle.

“Turismo esperienziale” è un’espressione ormai abusata, e che non ricorre nella vostra pubblicistica. Una moda o una tendenza irreversibile?

AsoloIl turismo esperienziale dovrebbe essere la nuova frontiera dell’offerta turistica. Nel turismo accade ciò che accade nella letteratura: dietro le offerte turistiche ci sono le grandi agenzie di viaggio, e dietro i festival letterari ci sono le grandi case editrici. Non è però il nostro caso, infatti non chiediamo le segnalazioni dei libri alle grandi case editrici ma alle librerie indipendenti sparse in tutta Italia, quelle che sono hub culturali, quelle in cui tu entri e se chiedi un consiglio trovi chi te lo dà, quelle in cui chi vende il libro è un lettore, magari non di quel libro ma un lettore. Non seguiamo logiche di mercato. Riteniamo che turismo esperienziale e festival letterari “dal basso” siano modelli che vadano incoraggiati, anche se richiedono un lavoro maggiore per gli operatori in quanto devono uscire da cliché e format, in cambio però di un salto di qualità notevole.

Emanuela e Giulia CananziLa pandemia ha visto l’inaugurazione dei “viaggi di prossimità”. Insomma, si può viaggiare senza spostarsi da casa?

La fila di asolani alla Torricella e la nostra rubrica “Il viaggio in una stanza”, creata durante la pandemia, credo rispondano bene a questa domanda!

Qual è la Sua storia se dovesse narrarla al Festival del Viaggiatore?

Sceglierei di raccontare la storia del Festival, nel quale c’è tanto di mio e di mia sorella Giulia. Insomma, racconterei ciò che ho raccontato in questa intervista!

Pietro Casetta