Piero Sanavio

“Il Regno”

 

Appartiene a Luìs, “discendente di re africani e imbalsamatore”, il regno cui si riferisce il titolo di quest’ultimo romanzo di Sanavio. Non però un regno di persone e terre bensì di storie e di menzogne, secondo il migliore stile di questo scrittore per il quale, antropologo di professione, non esiste la Storia ma “le” storie, cioè le “versioni”, le quali non sono altro che coacervi di menzogne ben strutturate per costruire quelle “verità” (non “la” verità) che facciano comodo ai gruppi di potere che le divulgano.

Luìs è il rappresentante di uno di questi gruppi, il gruppo di cui il romanzo narra la storia. “Una struttura è un insieme di trasformazioni”, ci ha insegnato Jean Piaget: non si pensi quindi al gruppo di potere di Luìs come a qualcosa di statico, in cui gli elementi che lo formano (i protagonisti del romanzo) si ritrovino sempre unanimi e sempre fra loro alleati. Al contrario, le scelte e le alleanze cambiano di continuo, e con esse cambiano “le storie”, cioè le versioni date a quella molteplicità di fatti e accadimenti di cui il romanzo è tutt’altro che avaro.

La principale è la vicenda di Eugenio Mattei, “padre della patria e poeta”, quindi elemento che, a seconda della situazione politica locale e nazionale (ma anche famigliare) può rivelarsi alle volte molto comodo e altre volte altrettanto scomodo. Mattei è il personaggio su cui l’io narrante (Sanavio) sta indagando, nel quadro di un incarico avuto dalla sua università volto alla ricostruzione della storia del Paese caraibico patria del Mattei. La la ricostruzione di quale storia, di quale versione?

Si risponde a questa domanda osservando come, nell’economia del romanzo, l’io narrante rappresenti quell’elemento esterno alla struttura che, penetrando nella stessa, la cambia. Ed ecco la prima trasformazione piagetiana: il gruppo modifica i propri connotati per adattarsi alla presenza dell’elemento perturbatore. E lo fa in tre fasi: prima autorganizzandosi in maniera omertosa per impedire al Sanavio narratore di giungere a qualsiasi informazione su Mattei; poi autorganizzando la redazione di una versione dei fatti, suffragata da una serie di cosiddetti documenti fatti pervenire al Sanavio narratore; infine cercando di espellere il Sanavio narratore attraverso l’organizzazione di un’aggressione.

Ma il gruppo sbaglia. Per ammissione dello stesso Luìs l’aggressione è un errore. Infatti, aggiungiamo noi, qualsiasi struttura che non accetti di integrare elementi e relazioni è spacciata, perché rifiuta ciò che sta alla base di qualsiasi struttura, cioè la sua continua trasformazione.

È interessante osservare come, in questo momento di crisi della struttura, l’io narrante smetta per un attimo il ruolo passivo di semplice raccontatore e di protagonista impotente in quanto coinvolto in una storia che non lo riguarda, per assumere il ruolo attivo di elemento della struttura. Il Sanavio narratore picchia violentemente Luìs.

Non lo uccide forse soltanto perché il Sanavio narratore ha già ucciso, nel momento in cui, aggredito, lo ha fatto per difendersi. Il gruppo sa che Sanavio narratore, avendo ucciso, è già padrone della vita e della morte. Adesso, picchiando il re diviene padrone della verità (della verità del re). Ora il re è Sanavio narratore, e il gruppo lo riconoscerà come tale: dopo la morte di Luìs sarà Sanavio a venire incoronato, tramite l’offerta a lui della figlia (vergine?) di una dei membri del gruppo.

Torniamo a Eugenio Mattei, il personaggio intorno al quale sembra dover ruotare tutto il romanzo. Questo personaggio ha tutta l’aria di un depistaggio che Sanavio, non in veste di narratore ma di autore, rivolge provocatoriamente al suo pubblico. Mattei ha tutta l’aria di essere una menzogna.

Non esiste infatti, in tutto il romanzo, un testo che gli si possa attribuire con certezza: tutti i suoi manoscritti risultano contraffati da un altro poeta; non esiste inoltre una sua immagine: l’unica foto reperita risulta essere un fotomontaggio; non esistono degli eredi: nell’ingarbugliata trama parentale non si riesce ad individuare la sua vera figlia. Mattei, forse, non esiste e non è mai esistito.

L’unico documento di cui, come lettori, ci sarebbe interessato sentir parlare, fra le migliaia di carte su Mattei di cui il Sanavio narratore viene in possesso, è il suo certificato di nascita. Ma tant’è. Rispondiamo noi prima che ci risponda Sanavio: in mezzo a tante menzogne crediamo sarebbe stato tanto difficile falsificarne uno?