Fonti: i documenti depositati nel Fondo Piero Sanavio presso la Biblioteca Universitaria di Padova

Ringrazio Piero Sanavio per avere affidato a me la conservazione e la difesa della sua biografia. A lui mi lega una lunga amicizia e la considerazione che la sua opera contenga, fra le altre, la chiave di lettura dei principali fenomeni politici italiani del Secondo Dopoguerra.

L’infanzia e la giovinezza

Di famiglia “inderogabilmente antifascista” (suo padre Luigi, sodale di Giacomo Matteotti; suo zio Italo, ultimo sindaco socialista a Cartura, Padova, prima del colpo di stato dell’ottobre 1922), e con ufficiali bonapartisti, ulani austrungarici ma anche scultori e maestri tagliapietra nell’albero parentale, Piero Sanavio è nato a Padova ed è cresciuto tra Padova, Montebelluna, Venezia e Parigi.

Ha sposato in seconde nozze Anuskha Palme dalla quale ha avuto una figlia, Beatrice Palme Sanavio.

I riconoscimenti

Il 22 dicembre 2018 a Roma, a pochi giorni dalla morte, gli viene conferito il premio “Menorah di Anticoli”.

Il 16 dicembre 2004, in una cerimonia nella sala Rossini dello storico Caffé Pedrocchi, la città di Padova gli ha consegnato il proprio Sigillo a riconoscimento della sua attività letteraria.

Il 17 dicembre 2006, la Camera di Commercio di Padova gli consegnava una medaglia d’oro per le sue attività internazionali.

Nel 1994, una tesi di laurea su “L’opera letteraria di Piero Sanavio”, con una ricostruzione del testo originale de Il Finimondo, basata sui documenti superstiti, è stata presentata all’università “La Sapienza” di Roma da Maria Adelaide Basile, relatore il prof. Walter Pedullà.

Una nuova tesi di laurea (“Piero Sanavio, le parole come pietre”), corredata da una lunga intervista con l’autore, è stata presentata nel 2014, sempre alla “Sapienza”, da Aurora Capretti, relatore il prof. Aldo Mastropasqua.

La formazione

Piero Sanavio si è laureato all’Università Ca’ Foscari di Venezia, con una tesi pionieristica sulle fonti italiane dei Cantos di Ezra Pound (relatore Carlo Izzo), e ha terminato gli studi negli Stati Uniti all’Università di Harvard.

Ha insegnato letteratura comparata alla Brandeis University, Walthan, Mass., chiamatovi dal poeta francese Claude Strauss Vigée.

Dopo un periodo di disoccupazione, durante il quale ha fatto il tassista a Boston, ha insegnato all’Università di Puerto Rico dapprima nel campus di Mayaguez, poi in quello di San Juan, a Rio Piedras. A San Juan, ha conosciuto e frequentato uno degli “assassini di Chicago” in libertà su parola e sposato a una portoricana, il ricchissimo Nathan Leopold che nel 1924, insieme all’amico Richard Loeb, aveva ucciso un compagno di scuola nella certezza di realizzare il “delitto perfetto”. Sotto un altro nome, Leopold comparirà nel romanzo Il Regno (V. infra), insieme ad altri personaggi realmente esistiti, caraibici e italiani.

A San Juan, oltre a insegnare nel quadro del “Programa de Honor”, Sanavio condurrà ricerche di antropologia insieme al poeta e antropologo locale Francisco Lluch Mora, nell’obbiettivo di creare un Istituto di Antropologia caraibica, ipotesi caldeggiata da un gruppo di investitori locali ma che non si tradurrà in realtà.

Accanto al senatore Ramón Enrique Bauzá e per conto dell’allora governatore Luís Muñoz Marín, parteciperà attivamente alla campagna di sensibilizzazione dei ceti rurali in vista di un progetto di nazionalizzazione dei servizi medici.

A San Juan de Puerto Rico, l’11 novembre 1961, sarà vittima di un attentato.

L’attività accademica e istituzionale

Ha condotto seminari e tenuto conferenze in università nordamericane tra cui la University of Michigan at Ann Harbor; la Kent State University; la New York University; la Cornell University; lo Smith College; il Wellesley College; nonché a Yale e Harvard. Ha insegnato all’Istituto Orientale di Napoli.

Fellow per due anni consecutivi della Rockefeller Foundation (1957-1958; 1958-1959), è stato University Fellow dell’Università di Yale (1963), rapporto interrotto dalla sua nomina a funzionario internazionale di rango diplomatico. In questa capacità, presso l’Unesco, a Parigi, Dipartimento della Cultura, ha gestito la seconda parte dell’ Enquête internationale sur les Tendances et Modalités de la Recherches dans les domaines des Sciences Humaines et Sciences Sociales e il Projet Majeur Orient Occident. Ha inoltre concepito e gestito il programma pilota Apports culturels africains en Amérique Latine e ha organizzato a Cotonou, Benin, il Colloquio preparatorio al secondo Congresso internazionale degli africanisti tenutosi a Dakar, Senegal (1967).

In Africa Occidentale ha condotto ricerche sulle modalità della Tratta; al fianco di Pierre Verger e sotto la guida di uno dei suoi maestri, l’antropologo Roger Bastide, è stato iniziato al culto di Mawu-Lisa per indagare in profondità nei rituali delle locali “società degli uomini”. Sempre per l’Unesco, verso la fine degli anni Sessanta ha creato a Bucarest, Romania, l’Institut international d’ études sur le sud-est européen. Ancora: ha organizzato il Colloquio internazionale Kierkegaard vivant (21-24 aprile 1964), le commemorazioni del quarto centenario della nascita di William Shakespeare (5 giornate, 1964) e (1965) quelle del Settimo Centenario della nascita di Dante Alighieri.

Per le commemorazioni shakespeariane, cui parteciparono tra gli altri j. L. Borges, G. Ungaretti, L. Durrell, Mary McCarthy, il regista sovietico Kosintzev, e il critico cinematografico Georges Sadoul, il regista giapponese Akira Kurosawa spediva un nuovo montaggio in forma di nō del suo Trono di sangue, rilettura filmica di Macbeth.

Insieme all’amico filosofo della scienza Giorgio de Santillana, autore di Hamlet’s Mill, ha progettato (1968-1970) la fondazione di un Istituto Internazionale di epistemologia, per indagini nelle zone di convergenza tra ricerca scientifica fondamentale e ricerca artistica.

Dopo un passaggio all’ANSA, nell’ultimo decennio del XX secolo, nel quadro di Unesco: Fondation du Troisième Millénaire, Valencia, Spagna, ha partecipato alle discussioni di base per l’elaborazione della Déclaration des Devoirs et Responsabilités Humaines (1998) redatta dal giudice Richard Goldstone, e agli studi per la creazione di un’Autorità internazionale dell’acqua per usi delle risorse idriche mondiali più razionali degli attuali.

La collocazione letteraria

Indifferente al “realismo socialista” e al “neorealismo” e attratto piuttosto, con l’amico cinefilo Piero Tortolina, dai film di Pabst, Stroheim, Ford, Renoir e dalle tecniche di montaggio di Eisenstein, radicale per Sanavio furono l’esperienza della lirica greca e al tempo stesso l’impatto del teatro elisabettiano. Il primo approccio a quel teatro era stato nelle versioni italiane di Ben Jonson, John Webster e John Ford: grazie a sua madre e suo padre che gli avrebbero trasmesso anche il loro interesse per la calligrafia, la musica e la pittura.

La lettura di Joyce – posteriore a quella di Hemingway, Dos Passos e Faulkner – risultò assai meno accattivante delle sperimentazioni di Joseph Conrad, così degli esercizi per imparare a scrivere correntemente in lingua inglese. Si trattava, nel caso, di tradurre nella lingua originale le versioni italiane dei racconti di Katherine Mansfield, poi confrontando il proprio inglese con quello della scrittrice.

Importanti, nella sua formazione culturale, risultarono soprattutto certe frequentazioni: Carlo Suarès, nella Parigi del dopoguerra; T. S. Eliot, Londra l956; Ezra Pound, che andava a visitare nel manicomio criminale di St. Elizabeth, Washington D. C., scendendo in auto da Harvard; Kenneth Murdock, Perry Miller, soprattutto Harry Levin, suoi direttori di studi a Harvard; il poeta Robert Lowell; il fondatore della “Partisan Review”, l’amico Philip Rahv; a New Haven, Conn., l’autorevole membro del gruppo formalista di Vienna, René Wellek; a Vence, lo scrittore polacco Witold Gombrowicz. Istruttivi e divertenti, anche sul piano umano, e tra di loro complementari, si rivelarono i ripetuti incontri con Stefano Terra e Lawrence Durrell. Del tutto sterili, invece, anche per la preponderante presenza di Maria Kadema, quelli a Parigi con Borges che Sanavio aveva invitato all’Unesco per le celebrazioni shakespeariane. Ungaretti e Montale, tardivamente incontrati, non lasciarono nessun segno particolare tranne il rispetto per l’opera e le persone. Il volume Ungaretti (Parigi 1969) nacque dalla speranza che potesse essere utile al poeta nella campagna allora in atto per ottenergli il Nobel.

Il ritorno in Italia

Piero Sanavio è tornato in Italia nel 1969 per ragioni strettamente famigliari rifiutando, di necessità, l’offerta del prof. Tom McMahon, con il quale aveva lavorato a Puerto Rico, di co-dirigere il Center for International Translations presso la Texas University a Austin, Texas.

Ha scritto per lo “Herald Tribune International”. Ha collaborato a “Il Mondo” di Mario Panunzio, è stato primo inviato de “Il Mondo” di Arrigo Benedetti, primo inviato de “Il Globo” di Antonio Ghirelli; per “Critica Sociale” ha “coperto” i funerali di Pietro Nenni.

L’impegno intellettuale: da Giacomo Matteotti al Golpe Borghese

Il 28-29 settembre 1990, in omaggio a suo padre e insieme al prof. Mario Quaranta, ha organizzato all’università di Padova e all’Istituto Storico di Rovigo il convegno su Giacomo Matteotti i cui atti sono raccolti nel volume Giacomo Matteotti, la vita per la democrazia, a cura di Mario Quaranta (Rovigo, 1993).

Come inviato de “Il Mondo” di Benedetti, le sue inchieste sul cosiddetto “golpe Borghese” e il ruolo di quartieri dell’estrema destra e dei “servizi deviati” in Veneto, soprattutto in quella che fu definita la strategia della tensione, per quanto anticipassero di settimane le informazioni poi apparse sulla stampa nazionale, furono sistematicamente ritardate dalla direzione del “Mondo” per ragioni che tuttora gli restano ignote.

Oltre a personali indagini sul terreno, sue fonti per quelle informazioni erano stati, tra gli altri, i professori Mario Quaranta ed Elio Franzin (viventi), l’avv. Mario Saccomani, il cugino comunista ed ex partigiano Mario Sanavio, l’amico socialista, caporedattore del “Il Lavoro” di Genova, “Titino” Fenu, il deputato socialista Adelio Albarello, l’on. Ferruccio Parri.

Le resistenze ai risultati di quelle inchieste da parte della direzione de “Il Mondo” portarono alle sue dimissioni dal periodico e, rifiutata per ragioni politiche (la guerra in Vietnam) la direzione dell’edizione italiana di “Selezione del Reader’s Digest” offertagli dal capo relazioni esterne Denis Delyrot, entrò nel quotidiano “Il Globo”. Per “Il Globo” (direzione Antonio Ghirelli) ha intensamente viaggiato e soggiornato in Medio Oriente occupandosi soprattutto di questioni energetiche e delle loro ricadute politiche. Accusato falsamente da un celebre giornalista, ex partigiano e già antisemita, di ignobili e inesistenti connivenze politiche per i suoi lavori su Pound, portò querela. Questa si risolse, per la difesa dell’ avv. De Cataldo, in sede extragiudiziaria previo compenso a Sanavio, a titolo di risarcimento, di lire 1.

L’impegno letterario

Come romanziere Piero Sanavio ha vinto il premio Bonfiglio per La Maison-Dieu; il premio Pisa per La Patria; il premio Sila per Caterina Cornaro in abito di Cortigiana; e i premi Orient-Express e Feronia per La Felicità della vita. Nel 1998, ha ottenuto il premio Remigio Paone per l’azione drammatica La seduzione, apparsa a stampa soltanto quindici anni dopo. Sanavio considera che di questi premi solo il primo e l’ultimo sono stati ottenuti al di fuori di operazioni editoriali alle quali, comunque, egli è sempre stato estraneo. Il Bonfiglio, per il generoso interessamento dell’amico Franco Floreanini; il Paone in quanto l’autore del testo era celato sotto un pseudonimo.

La sua edizione delle opere di Thoreau (1958: infra) ottenne, all’epoca, il plauso di Emilio Cecchi che le dedicò un elzeviro nel Corriere della sera. Il suo saggio “Politique de l’imagination” nell’antologia critica Ezra Pound I (Paris, 1965), fu particolarmente apprezzato da Eugenio Montale, sempre sul Corriere della sera. In forma più estesa, e come “Politik: Gegebenheit oder Traum” il saggio era apparso in Ezra Pound: 22 Versuche über einen Dichter (Frankfurt, 1965) a cura di Eva Hesse.

Pur con un ritardo di due anni rispetto alla sua pubblicazione, importanti consensi da parte del mondo accademico romano (Marcello Carlino) e della critica “di sinistra” (S. Cigliana, Le reti di Dedalus, 2014) ottenne il suo secondo volume su L.F. Céline (1213: infra) incentrato sull’inconsistenza dei tentativi di molta critica di sminuire la portata dell’antisemitismo dello scrittore e (in qualche caso) persino di addebitargli idee progressiste. Ben ricevuto (Mario Lunetta, Le Reti di Dedalus:2010) era stato anche il suo primo volume (2009: infra)sullo scrittore.

I primi racconti e gli inediti

I primi racconti di Sanavio sono apparsi tra gli anni Cinquanta e Sessanta in “Galleria” di Leonardo Sciascia; “Nuova Presenza”, direttore Giuliano Gramigna; “Tempo Presente”, di Ignazio Silone e Nicola Chiaromonte; e, scritti direttamente in inglese, in “The Texas Quarterly,” Austin, Tex.; “Audience”, Cambridge, Mass.; “New Directions”, New York, N.Y.

A dieci anni (2014) dalla pubblicazione de Il Regno (né pubblicizzato né distribuito), Sanavio aveva accumulato alcuni inediti. Ciò a causa delle difficoltà di trovare un editore. Si trattava dei due romanzi “I più bei nomi d’Europa” e “Amina o Le limitate possibilità dell’azione” (poi pubblicato), del volume Frontiere (che contiene i tre racconti lunghi o romanzi brevi: “Un paese straniero”, “Ultimi giorni rimasti”, “Frontiere”); i trenta racconti, alcuni brevi, altri lunghi, di “Le terre lontane.”

Nel 2018 ha pubblicato la sua raccolta dei principali saggi “Americana”.

Al momento della redazione di questi Appunti, Piero Sanavio stava lavorando a un nuovo romanzo e ad un racconto lungo. Stava inoltre curando il montaggio di un video sul pittore e scultore veneto Carlo Guarienti.

Piero Sanavio è nato a Padova il 1° gennaio 1930, e morto a Roma il 4 gennaio 2019.

Piero Sanavio a Parigi con Ezra Pound (Foto inedita).

Bibliografia essenziale

(Sono omessi, di necessità, anche i documenti internazionali)

1. Curatele

 Henry D. Thoreau, La disobbedienza civile. Venezia 1957

 Henry D.Thoreau, Opere scelte (con un’introduzione generale, pp. XII-XLV, e introduzioni alle singole opere). Venezia 1958

 Henry David Thoreau, Saggi politici. Venezia 1958

 Poeti francesi d’oggi. Caltanissetta-Roma 1961

 Giuseppe Ungaretti. Parigi 1969

 Francis Beaumont, Il cavaliere del Pestello ardente. Vicenza 1979

 Richard Wright, Ghetto negro. Milano 1980

 George Peele, La fiaba della Vecchia Comare. Rimini 2003

 Carson McCullers – Edward Albee, La Ballata del Caffé Triste. Roma s.d.

2. Narrativa

 La Maison-Dieu. Milano 1964 (tradotto in inglese come The Broken Tower, New York, 1968)

 Il Finimondo, Milano 1969

 La patria. Venezia 1978

 Caterina Cornaro in abito da cortigiana. Milano 1981

 La felicità della vita. Roma 2000

 Il regno. Roma 2004

 Roi je suis, prince ne deigne in Le Reti di Dedalus, novembre 2014

3. Poesia

 Il poemetto in lingua inglese Antilla, University of Texas, Austin, Tex. 1969 e (ampliato) New York 1972

 La silloge in dialetto veneto Àrzare, Cosenza, 1976(?)

 Il poemetto La Natura dei Giorni (1987), in Le Reti di Dedalus, autunno 2014

4. Teatro

 Una serie di radiodrammi per la RAI su femministe americane dell’Ottocento (Susan Anthony; Elizabeth Stanton, et al.), regista Chiara Serino: anni ’70

 La Divina, rappresentata al teatro Agorà, Roma 1980

 La Seduzione. Udine 2014

5. Saggi letterari

 Gombrowicz: la forma e il rito. Venezia 1974

 Ezra Pound. Venezia 1977

 Il viaggio di Sarah Kemble Knight. Milano 1984

 La gabbia di Ezra Pound. Milano 1986 (edizione numerata)

 “Gli alfabeti di H. D. Thoreau” (pp. 5-56 di: Thoreau, Walden, B.U.R). Milano, 1989

 “Il signor Conrad e il capitano Korzeniowski” (pp. 3-98 dell’ed. B.U.R. bilingue di Tifone). Milano 1996

 Ezra Pound: Bellum perenne. Rimini, 2002

 La gabbia di Pound (edizione ampliata di quella del 1986). Roma 2005

 Virtù dell’Odio: Louis-Ferdinand Céline. Rimini 2009

 Ancora su Céline. Rimini 2013

 Baedeker americano, esercizi di lettura. Udine 2014

6. Monografie di artisti

 John Balossi, San Juan de Puerto Rico, 1962

 John St. John, San Juan de Puerto Rico, 1962

 Giovanni Korompay, Bologna, 1971

 Gerardo Dottori, Roma, 1972

7. Traduzioni

 Daniel DeFoe, Opere. Firenze, 1957 (con Alfredo Rizzardi e Alberto Rossi)

 Henry David Thoreau, Walden, ovvero La vita nei boschi. Milano 1964

 Richard Wright, Ghetto negro. Milano 1980 (con Annuska Palme)

 Cfr. anche CURATELE

7. Documentari

 Witold Gombrowicz, contro l’impegno. “l’Approdo” Rai-Tv

 Giuseppe Ungaretti (con P. -A. Boutang). “Archives du XXème siècle”, ORTF, Paris

 Ezra Pound (con P.-A. Boutang). “Archives du XXème siècle”, ORTF, Paris

 Eugenio Montale (con P. -A. Boutang), “Archives du XXème siècle”, ORTF, Paris

 Ba-binga, il popolo della foresta. “Boomerang” Rai-Tv

 Minatori del Sulcis. “Boomerang”, Rai-TV

 Ionesco, l’angelo ribelle (con G. Strano). Produzioni Baglivo, Roma

 Portraits Croisés, Zoran Music et Ida Barbarigo (con F. Edé). Productions Métropole, Paris

 Zoran Music e i Cadorin, Produzione EDD, Roma

3 dicembre 2014

Piero Sanavio con Re Glélé Abomey in Benin.

UNA TESTIMONIANZA SU PIERO SANAVIO

di Enrico Panunzio

I paragrafi che seguono, prima parte di un saggio originariamente redatto in francese e interrotto al suo momento cruciale, furono scritti da Enrico Panunzio qualche tempo prima della pubblicazione del romanzo di Sanavio Il Regno (2004). La traduzione è di Adelaide Basile.

Mi legano a Piero Sanavio mezzo secolo di difficile amicizia e una profonda ammirazione per ciò che scrive e come lo scrive. Per questo, in luogo di ripetere opinioni espresse altre volte e in altri luoghi, preferisco suggerire qualche indicazione sulla genesi delle sue pagine – quanto lui stesso me ne abbia parlato o io ne sia stato testimone.

La formazione anglosassone e un’indipendenza da gruppi e amicizie letterarie non hanno giovato alla diffusione dell’opera di Piero Sanavio né, certo, alla sua comprensione – non per difficoltà interpretative ma, a mio giudizio, per una qualche pigrizia dei critici. Non ha giovato neppure che molte sue storie siano situate in un Veneto diverso da quello canonico – né pietistico ma neppure ricalcato sui film di gangster, come avviene per gli scrittori delle ultime generazioni. Il Veneto che ci consegna Sanavio è un territorio”elisabettiano,” erede di una “elisabettiana” Serenissima e corrusco, tragico, sopravvissuto a invasioni, estraneo alle agiografie della Resistenza pure se coinvolto in essa e reso in uno stile dove convivono l’alto e il basso, il patetico e il grottesco, il comico e il crudele. Frasi, fatti, allusioni il cui centro narrativo è una mitica “Guizza” (ex stazione di posta, borgo, proprietà famigliare oggi perduta) si rimandano da romanzo a romanzo e da romanzo a racconto in un mosaico che è in quei rimandi che trova la sua completezza – la sua “forma.” A quanto so, se ne accorse soltanto un altro veneto, il poeta Andrea Zanzotto, scrivendone in una quarta di copertina.

La Maison-Dieu, scritto a Cambridge, Mass. (in contemporanea con il racconto tuttora inedito in italiano, “Biography as Remembrance”) quando l’autore era studente a Harvard e corretto quando si era trasferito nei Caraibi, apparve nel 1964, sei anni dopo la sua ultima stesura, in una quinta sulle colline di Yauco, Puerto Rico. La fabula inizia sui toni di un romanzo d’appendice, evolve in uno scenario da commedia dell’arte, si conclude negli stralci di un diario. La pubblicazione, da Rizzoli, fu grazie all’insistenza di Elio Pagliarani sui funzionari della casa editrice. All’epoca, Sanavio, che non conosceva Pagliarani e lo avrebbe incontrato soltanto trent’anni dopo, viveva Oltreatlantico, pur facendo la spola, per ragioni professionali, con Parigi – la concezione e realizzione del romanzo del tutto al di fuori delle ricerche formali italiane che sarebbero sfociate nelle teorizzazioni del Gruppo 63. Furono anche estranee a suggestioni francesi contemporanee, e la principale influenza sull’autore fu semmai quella di Ezra Pound. Ci fu anche Ruzante, naturalmente, tra le influenze, e lo testimonia l’inserto teatrale, oltre a ricordi del “Bartleby” di Melville, ma aldifuori di questi riferimenti letterari furono logiche interne alla scrittura che determinarono la peculiare struttura del testo. Come Sanavio spiegava a Roberto Sanesi, suo ospite a Cambridge, Mass., se non erro verso la fine anni Cinquanta, quando la stesura del romanzo non era ancora conclusa, l’inserto drammatico si impose come sola soluzione possibile dopo tentativi in tutt’altre direzioni. Analogamente, per La Patria, di cui ho seguito da vicino la composizione, la struttura della parte centrale fu raggiunta dopo insoddisfacenti ricerche strutturali – una sceneggiatura televisiva, una cantata in versi come quelle dei cantastorie, un susseguirsi di vignette descritte ognuna come realtà autonoma, tenute insieme da un reticolo come quello delle parole incrociate, alcune delle molte ipotesi percorse. Ignoro se di questi tentativi esista traccia scritta, o se i manoscritti non siano stati distrutti dall’A. in uno dei suoi frequenti attacchi di auto-iconoclastia.

L’esperienza di un testo medievale spagnolo, El Cauallero Cifar, e la celebre incisione di Dürer, “Il Cavaliere, la Morte e il Diavolo” erano state invece all’origine de Il Finimondo (1968), il cui titolo doveva essere Lezioni di tenebra, come ricordo delle nostre lunghe notturne discussioni parigine, nel Quartier. Romanzo enigmatico che più volte ho riletto, ogni volta scoprendo nuovi risvolti della scatenata invenzione del suo autore, Il Finimondo non trovò nessuna simpatia presso i recensori, malgrado una nota esplicativa di Zanzotto in quarta di copertina. La sua importanza, pur con gli interventi censori condotti dalla direzione editoriale all’insaputa dell’Autore, non sfuggì, tuttavia, a un uomo di scienza e ne scrisse su “Il Giorno”, Silvio Ceccato.

Gli elisabettiani e i “metafisici” inglesi stanno a monte della scrittura de La Patria (1978), complicandosi in Caterina Cornaro in abito di cortigiana (1981) di un’attenzione a quell’anticipazione del postmoderno che sono i Faux Monnayeurs, come in una tesi di laurea presentata alla Sapienza di Roma delucidava Maria Adelaide Basile — responsabile anche di una ricostruzione del testo originario de Il Finimondo. Anche Caterina Cornaro conobbe l’ostilità, persino il livore, della critica ufficiale: al punto che non mancò chi consigliasse di non leggerlo. Flagrante eccezione fu Mario Picchi, su “L’Espresso”.

Un discorso a parte merita La Felicità della vita (2000),di una scrittura lucida, feroce, il cui magma iniziale si dipana a mano a mano che prosegue la lettura, è il prisma attraverso il quale è osservato e giudicato il secolo trascorso – “Il mio addio all’Europa”, nelle parole di Sanavio che in un’appendice ci informa sulle ragioni estetiche soggiacenti a questo romanzo. La fabula qui va al di là delle storie incrociate di alcune famiglie, già presenti peraltro, insieme alla tipicità delle ricerche stilistiche, in Caterina Cornaro in abito di cortigiana. Si perfeziona, nella Felicità, antifrastico o meno che possa essere il titolo, derivato da una delle prediche di John Donne, la convinzione di Sanavio che la realtà non sia che una continua manipolazione, impossibile conoscere il “vero” per il sovrapporsi ai fatti di interessi, passioni, deliberate falsificazioni. Principale menzogna quella che, coscienti o meno, noi stessi imponiamo ai nostri ricordi. In tali prospettive, a salvare l’uomo, ammettendo che debba o possa essere salvato, non saranno le ideologie, le motivazioni etiche, religiose, politiche delle sue azioni, neppure le sacrosante conquiste sociali o ciò che correntemente si chiama onestà e a volte è soltanto ignoranza, ma quella che Sanavìo definisce “decenza”.

Sulla “decenza” […]

Piero Sanavio in Africa.