La città dedica una via ad un’illustre sconosciuta dal nome inesprimibile

 

Ostiala Gallenia. E chi era? Per il momento si sa che è la titolare della nuova strada che conduce ad un unico luogo: il nuovo supermercato aperto al confine con la chiesa della Natività. Per il resto si tratta di un riuscito caso di toponomastica estrema, ovvero di un’epigrafe segnaletica dedicata ad un’illustre sconosciuta effigiata in una stele funeraria esposta ai Musei Civici e con un cognome, a quanto pare, venetico e molto famoso. O, se si preferisce, fumoso: “Gallenia” o “Galliena”, per Google non c’è differenza. Vedremo per le Poste.

Altro sembra non sapersi dell’esimia Defunta. Con la D maiuscola, visto che è l’unica in tutta la città a godere della citazione per esteso, sia pur con le iniziali minuscole: “via ostiala gallenia”, mica “via o. gallenia” come tutti gli altri comuni (im)mortali. A cominciare da un tale “p. sambin” dalla cui via, di altrettanto recente intitolazione, si dirama quella della Defunta. Se “p.” sta per “Paolo” potrebbe trattarsi dell’esimio studioso che molti padovani, e non, hanno conosciuto all’Università e col quale si sono laureati. Certamente un personaggio minore, dal curriculum troppo limitato rispetto a quello della Defunta per meritarsi il nome per intero.

Ma torniamo alla Defunta. Uno sforzo immane, quello di determinarne l’intitolazione in quanto Padova non è certo ricca di personaggi degni di essere ricordati. Si tratta per esempio di Giorgio Diena, al quale giustamente non è intestato neppure un vicolo. D’altra parte era soltanto un imprenditore, partigiano, amico di concetto Marchesi, deportato, ebreo, torturato per i suoi rapporti con la Resistenza. Niente di che. Divenne proprietario della Zedapa, fondata dal padre Arturo e dallo Zuckerman (poi italianizzato in Zuccari) titolare dell’omonimo palazzo. La Zedapa ebbe oltre mille addetti negli anni Sessanta. Ma forse è meglio lasciare che di Diena se ne occupino imprenditori, partigiani e correligionari.

Se comunque vogliamo restare nella storia recente è assolutamente giusto che il Museo del Risorgimento, che ha sede al Piano Nobile del Caffè Pedrocchi, non venga intitolato al prof. Giuliano Lenci. Se è vero che il prof. Lenci lo ha, di fatto, fondato prodigandosi per realizzarlo, è però altrettanto vero che ben pochi sono gli altri suoi meriti: la sua grande volontà, la sua fede negli ideali che il Museo degnamente rappresenta, la sua autorevolezza di uomo di cultura.

Un altro caso è quello di Vittorio Fossombroni, autore assieme a Pietro Paleocapa dell’ottocentesco piano sulla sicurezza idraulica che porta il nome di entrambi e col quale tutti gli attuali tecnici continuano a misurarsi quando si tratta di prevenzione delle alluvioni. Ma siccome la colpa delle alluvioni si ritiene dovuta soltanto ai cambiamenti climatici, è giusto ridimensionare anche questo personaggio. Non merita proprio nessuna via.

Lo stesso vale per Gedeone Scotini, il progettista del Canale Scaricatore. Venne incarcerato dal governo austriaco e lo Scaricatore lo progettò stando in cella. Dedicare una via ad un detenuto hobbista creerebbe certamente ingestibili precedenti.

Ben venga quindi la Toponomastica Estrema. Visto il successo della Defunta siamo certi che il prossimo cui la Commissione Toponomastica del Comune di Padova si dedicherà sarà lo svedese Gustavo Adamo Baner. Anche perché la Defunta è ricordata soltanto in una minuscola stele, mentre il Baner è titolare di una statua a tutto corpo in Prato della Valle (dove c’è anche Galileo, tanto per capirci) e di un’altra statua al Bo (dove ha sede l’Università, tanto per continuare a capirci). Venne soprannominato “Dulle”, che in svedese significa sciocco perché, dopo aver ottenuto il governatorato dell’Ingria per i buoni uffici del padre presso il re di Svezia, non seppe far di meglio che mandarla in rovina. Pare che se il re non gli avesse tolto l’Ingria dalle mani alle svelte, non sarebbe rimasto il ricordo neppure della Svezia. Nemmeno nel nome di una via.