Gentile ing. Cetera,

mi permetto di intervenire nel dibattito relativo al Suo progetto di centro Commerciale a Due Carrare, più precisamente in relazione allo strascico che sta avendo la Sua lettera in cui spiega, dal Suo punto di vista e con cinque motivi, l’idoneità del progetto.

Intervengo in virtù delle mie competenze, poche o tante che siano, maturate come giornalista e grazie alla mia formazione di geografo, oltre che con una lunga esperienza sul territorio sfociata nella convinzione che siano altri gli interventi economicamente remunerativi rispetto all’insistenza edificatoria. Fra questi, e in primo piano, lo sfruttamento del turismo.

 Come giornalista resto positivamente colpito dal Suo intervento. Mi sono molto spesso occupato di uffici stampa per conto di aziende e imprenditori, e Le posso assicurare che la fatica maggiore è sempre stata quella di convincerli ad intervenire sulla Stampa anche quando i loro progetti si trovavano coinvolti in situazioni mediaticamente sfavorevoli, come nel Suo caso.

 Come geografo rispondo alle sue osservazioni punto per punto.

1) “Un’opera a misura d’uomo e di territorio”. Gli interventi sul territorio sono sempre e solo di due tipi: quelli che partono dal territorio, e quelli che partono da agenti esterno ad esso. E il Suo progetto non mi risulta partire dal territorio, non mi risulta in alcun modo che il territorio lo abbia richiesto, né che ne senta e ne abbia la necessità.Trovo però importante la disponibilità da Lei manifestata di “ascoltare ogni intervento costruttivo”, sebbene si tratti di un confronto su un progetto Suo e già definito e non su un progetto del territorio, quindi di un confronto difficile se non addirittura impossibile.

2) “Propone un concetto nuovo per il Veneto e forse, con modestia, per l’Italia: il ‘Lifestyle Centre’”. Ritengo anch’io che si tratti di un concetto di centro commerciale nuovo per il Veneto e per l’Italia, ma è un concetto già superato o comunque tutt’altro che adatto al nostro Paese. Chi visita l’Italia, a cominciare dagli italiani stessi, di centri commerciali per quanto di nuova generazione ne cerca sempre meno. Cerca piuttosto l’autenticità e la possibilità di vivere eventi che, tratti dal lessico turistico, vengono chiamati esperienziali. Ciò che Lei propone è certamente esperienziale (a cominciare dalle offerte ricreative e di intrattenimento), ma tutt’altro che autentico. Non credo potranno esservi ristoratori che si fanno aiutare dal pubblico a raccogliere la rucola dall’orto retrostante per preparare l’insalata, nè botteghe in cui anziani raccontano la loro storia mentre mostrano come si fa il pane o come si aggiuntano le scarpe.

3) Il Centro Commerciale avrà i colori della terra e della vegetazione circostante”. Mi fa piacere questa sensibilità Sua e dello Studio L35 nei confronti del paesaggio, purché l’intervento non proponga una “copia” del paesaggio stesso. Infatti, per non essere impattante un intervento dev’essere realizzato “con” la terra e “con” la vegetazione del territorio, ovvero con la stessa terra e la stessa vegetazione che circondano le ville e le vecchie case del nostro ambiente.

4) “Questo interesse” con riferimento al Castello del Catajo “è tutelato dal Cono Visuale”. Purtroppo non frequento gli architetti, preferendo gli ingegneri. Per la precisione gli ingegneri idraulici, i quali parlano molto poco di coni visuali e moltissimo di “tempi di corrivazione”. Ad ognuno il proprio lessico. Per spiegare nel modo più semplice, quindi a tutti, cos’è il tempo di corrivazione dirò che è il tempo medio impiegato da una goccia di pioggia per raggiungere il corso d’acqua che, per ragioni naturali, le è destinato. Più tempo ci impiega e maggiore sarà la capacità del corso d’acqua di smaltire un’eventuale piena e quindi scongiurare un’alluvione. Ma se questo tempo dovesse subire una drastica diminuzione a causa dell’intervenuta presenza di superfici impermeabili (asfalto e cemento innanzitutto), il rischio di piena e di alluvione aumenterebbe altrettanto drasticamente, e lo si è visto bene nel 2010.

5) “Crea occupazione.” Vero, ma con una piccola correzione a questa espressione. Non credo si tratterà di occupazione ma di “rioccupazione”, ovvero di trasferimenti interni di occupati che, per mero spirito di sopravvivenza, dovranno spostare la loro attività dal loro territorio al nuovo Centro.

A conclusione Le auguro che il proprietario del Castello del Catajo signor Sergio Cervellin, come pure tutti gli altri attori del territorio, accettino di discutere con Lei, ma ritengo che ciò possa avvenire solo sulla base di un progetto che col territorio sia condiviso, cosa che il Suo progetto di Centro Commerciale non mi risulta essere come lo è il progetto del signor Cervellin.

La ringrazio comunque per avermi letto e La saluto cordialmente, auspicando che lo sviluppo su base turistica di questo territorio possa trovare il Suo favore, oltre che il mio e quello del signor Cervellin.